lunedì 21 luglio 2014

La casa dei ricordi

Ed ecco l'ultimo dei 7 pensieri di Lucia
7) LA STANZA DEI RICORDI (frammenti nel cassetto della memoria)
Com'era disordinata la mia stanza dei ricordi, tutti gli scaffali pieni di scatoline a volte aperte a volte chiuse ma tutte inesorabilmente stracolme di ricordi raffazzonati, pieni di gioie, dolori, amore, paure,
tristezza, dolcezza ma mai in nessun caso privi di senso. E tutta una vita, sì una vita intera per metterli in ordine, ma mi chiedo adesso che tante lune sono trascorse "ci sono riuscita?" Non so rispondere o forse non voglio, troppo a lungo ho atteso che un po' d'ordine venisse ad acquietare la mia stanca mente. Quante volte ho provato a riassettare i cassetti della mia memoria perché quei frammenti di dolore la smettessero di tormentare il mio cuore. Sì troppo dolore racchiuso in quel guazzabuglio di ricordi, troppa nostalgia per una vita più semplice, più ordinata per poter dire adesso che scrivo "è stato bello il mio viaggio". Ogni tanto la guardo quella stanza in cui mai un filo di polvere vi si depone perché i ricordi sono sempre vivi davanti ai miei occhi, scorrono come pellicole di un vecchio film in bianco e nero con qualche fotogramma che manca per far dire a che lo vede "mi sono divertita ho pianto tanto". Sì manca qualche fotogramma ma quel film che io a stento riesco a celare in quegli scaffali è adesso un po' più ordinato. E non mi chiedo più anzi non voglio chiedermi più come sarebbe stata la mia vita se non avessi commesso quegli errori o non avessi gioito tanto quella volta, sì ricordo ma soltanto quella volta un po' poco non vi pare per dover pagare un prezzo di biglietto troppo elevato, troppo affronto per una sola vita, l'unica concessa a noi esseri viventi. Ah già la stanza dei ricordi, di quei frammenti di memoria che adesso mi vengono a galla ma sarebbe troppo lungo e forse anche noioso parlarne, troppe volte mi sono commossa nel narrarli. Sappiate che adesso e soltanto adesso, forse soltanto in questo istante desidero dirvi con le parole di Elsa Morante "perdonatemi se sospiro ripensando a quanto era stata semplice la mia vita".

Lucia Giongrandi

La stanza dei ricordi


Ed ecco l'ultimo dei sette pensieri di Lucia:
7) LA STANZA DEI RICORDI (frammenti nel cassetto della memoria)
Com'era disordinata la mia stanza dei ricordi, tutti gli scaffali pieni di scatoline a volte aperte a volte chiuse ma tutte inesorabilmente stracolme di ricordi raffazzonati, pieni di gioie, dolori, amore, paure,
tristezza, dolcezza ma mai in nessun caso privi di senso. E tutta una vita, sì una vita intera per metterli in ordine, ma mi chiedo adesso che tante lune sono trascorse "ci sono riuscita?" Non so rispondere o forse non voglio, troppo a lungo ho atteso che un po' d'ordine venisse ad acquietare la mia stanca mente. Quante volte ho provato a riassettare i cassetti della mia memoria perché quei frammenti di dolore la smettessero di tormentare il mio cuore. Sì troppo dolore racchiuso in quel guazzabuglio di ricordi, troppa nostalgia per una vita più semplice, più ordinata per poter dire adesso che scrivo "è stato bello il mio viaggio". Ogni tanto la guardo quella stanza in cui mai un filo di polvere vi si depone perché i ricordi sono sempre vivi davanti ai miei occhi, scorrono come pellicole di un vecchio film in bianco e nero con qualche fotogramma che manca per far dire a che lo vede "mi sono divertita ho pianto tanto". Sì manca qualche fotogramma ma quel film che io a stento riesco a celare in quegli scaffali è adesso un po' più ordinato. E non mi chiedo più anzi non voglio chiedermi più come sarebbe stata la mia vita se non avessi commesso quegli errori o non avessi gioito tanto quella volta, sì ricordo ma soltanto quella volta un po' poco non vi pare per dover pagare un prezzo di biglietto troppo elevato, troppo affronto per una sola vita, l'unica concessa a noi esseri viventi. Ah già la stanza dei ricordi, di quei frammenti di memoria che adesso mi vengono a galla ma sarebbe troppo lungo e forse anche noioso parlarne, troppe volte mi sono commossa nel narrarli. Sappiate che adesso e soltanto adesso, forse soltanto in questo istante desidero dirvi con le parole di Elsa Morante "perdonatemi se sospiro ripensando a quanto era stata semplice la mia vita".

Lucia Giongrandi


mercoledì 16 luglio 2014

Lucia Giongrandi

6° pensiero


6) L'EMOZIONE (le mie emozioni)
Come si possono definire le emozioni visto che tutta la nostra vita ne è intrisa tanto da non poter vivere senza di esse? Amore, odio, paura, compassione, amicizia e potrei continuare all'infinito sono sentimenti che scaturiscono tutti da emozioni di cui tutti noi non possiamo farne a meno, sono, come dicevo prima, parte preponderante della vita di ognuno. Quanti di noi non si sono emozionati vedendo un bimbo appena nato o un fiore che viene su in mezzo ad un binario magari lo stesso che portava gente inconsapevole verso campi di sterminio, e come non piangere di dolore vedendo gli stessi luoghi. E chi non ha provato una forte emozione a volte di impotenza di fronte a una persona che odia magari al di là di ogni ragionevole verità, e l'emozione di vedere un clochard e provare per lui compassione e forse anche amore; e quanta emozione c'è nell'abbraccio fra un uomo e una donna, fra due amici, fra due fratelli e soprattutto fra due nemici diventati amici una volta deposto e abbandonato l'odio. Come faccio ad esprimere con un semplice scritto quello che vuole essere un universo entro cui l'uomo naviga fin dalla sua comparsa sulla terra. Eppure provo ad esprimere quello che per me è un'emozione provo con qualche esempio. L'avevo atteso nove mesi nel mio grembo e quando il mio primo figlio è venuto al mondo ho provato un'emozione così forte che ancora adesso che scrivo e ogni volta che quegli istanti riaffiorano alla mia mente, e sono passati 40 anni, la riprovo. E quando ho presentato il mio primo libro, l'avevo tenuto nel cuore per tanto tempo ed anch'esso è venuto al mondo con gioia e con fatica. Quando per la prima volta sono entrata ancora giovinetta dentro un'aula scolastica. Quella volta che ho visto le Piramidi e la Sfinge e le splendide tombe della Valle dei Re e i miei occhi hanno spremuto lacrime di ammirazione come la pioggerellina di marzo che bagna lo spuntare d'un narciso miracolo della primavera. O quante volte il mio cuore si è messo a battere violentemente per un sorriso o prima di fare l'amore o soltanto abbracciando, adesso che la conosco un po', la vita, oppure ripetendomi che sì in fondo la mia esistenza è stata sempre dominata certo dalla ragione ma soprattutto dai sentimenti, dalle emozioni che mi hanno procurato gioie e dolori, amore ma mai odio, amicizie. E ancora adesso che sono qui insieme a voi provo l'emozione forte di un incontro dove il tema è proprio il sentimento quello che fa scaturire ad ognuno di noi "le nostre parole" quelle che teniamo gelosamente nascoste nel profondo delle nostre anime.
Lucia Giongrandi

venerdì 11 luglio 2014

Lucia Giongrandi La dimensione del viaggio 5° pensiero

5) LA DIMENSIONE DEL VIAGGIO (il viaggiare: i luoghi e le sensazioni)
Quanti modi e quante dimensioni ha questa parola. Esiste il viaggio da diporto, quello spirituale ed esiste la dimensione del viaggio della vita. Si viaggia per il semplice piacere di visitare luoghi sconosciuti o luoghi che fanno parte della storia di ognuno di noi, luoghi che ci hanno sempre affascinato e dei quali non possiamo farne a meno. Si viaggia per conoscere, apprendere nuove culture o vecchie civiltà che danno a chi si muove la sensazione di penetrare il vero sapere, la storia. Gli antichi eroi come Ulisse, Giasone, Gilgamesh viaggiavano come disse il poeta "per seguir virtute e canoscenza" perché gli uomini non sono fatti "a viver come bruti", per dare un senso alla vita. Si è attinto alla esperienza della mobilità umana per esprimere il significato della morte (come trapasso), la struttura della vita appunto (come un cammino o un pellegrinaggio), per cercare di strutturare i cambiamenti delle situazioni sociali ed esistenziali in riti di passaggio e persino per indicare il movimento da una parte all'altra di un testo (un passo). Gli antichi eroi come Gilgamesh per esempio viaggiavano per aggirare la morte stessa e donare l'immortalità al loro popolo. In questi viaggi eroici, in queste partenze c'è l'identità stessa del viaggiatore e celebra proprio l'inizio di una società viaggiante e stabilisce lo scopo del viaggio come mezzo per ricevere riconoscimenti e prevede comunque un'andata e un ritorno. Ma esiste anche un viaggio non eroico che ha inizio con una partenza forzata, non volontaria provocato dalla forza, dalla necessità (vedi i viaggi dei migranti antichi e moderni), da un disastro, dal crimine o dalla violazione di una norma. Questa partenza forzata implica un viaggio che è sofferenza e penitenza e si tratta quasi sempre di viaggi di sola andata o di viaggi senza fine. Un esempio di viaggio non eroico può essere quello di Adamo ed Eva che dal Paradiso Terrestre per la violazione di un patto ebbe inizio per loro e per noi esseri umani una storia di vagabondaggi, insediamenti, prigionie e liberazioni. Quante dimensioni in una piccola parola che implicherebbe una grande riflessione, anzi, molti studiosi ci si sono rotti la testa. A noi il compito semplicemente di ribadire la bellezza dell'andare e del ritornare per raccontare ciò che i nostri occhi hanno visto o ciò che la nostra anima ha prodotto nel suo vagabondare o semplicemente il piacere di raccontare il peregrinare della vita che ognuno di noi ha il compito a volte bello a volte doloroso di portare a compimento.
Lucia Giongrandi



lunedì 7 luglio 2014

Lucia Giongrandi


Ed ecco il quaero pensiero di Lucia

4) L'IMMAGINE (una foto, un dipinto, le mie sensazioni)
Era il quadro della Sacra Famiglia che nonna Lucia e papà Peppino tenevano in bella vista sulla testiera del letto. Tutte le volte che andavo dai nonni e guardavo quella stampa antica mi prendeva una grande emozione perché la nonna mi aveva detto che quel quadro era della sua bisnonna e che forse aveva più di 100 anni. Io una volta espressi il desiderio di averlo. "Nonna Lucia me lo regali quel quadro?"
"Oh, mia cara i nipoti siete tanti, poi quando non ci saremo più vi metterete d'accordo tra di voi."
Io abbassai lo sguardo e non chiesi più ma nel mio cuore restava sempre quel desiderio. Passò molto, molto tempo, morì nonno Peppino, io mi sposai e mi trasferii qui a Rivoli. Dopo qualche tempo anche nonna Lucia ci lasciò ma non prima di aver lasciato scritto che quel quadro lei lo destinava a me. Quando trovarono la lettera mia madre mi telefonò dicendomi che la Sacra Famiglia mi apparteneva. Ero veramente felice, mia nonna aveva saputo leggermi nel cuore ma soprattutto avevo avuto la certezza che nel suo cuore io avevo un angolino privilegiato perché sapeva che io avrei saputo conservare quel suo piccolo tesoro, l'unico, e l'avrei tramandato ai miei figli e ai figli dei miei figli come aveva saputo fare lei. Mi arrivò ben impacchettato con la sua cornice antica il quadro che ancora adesso dopo più di 40 anni troneggia nella mia camera da letto. Lo guardo spesso e in quella stampa antica vedo i visi bellissimi della Madonna col bambino e S. Giuseppe che tiene in mano un giglio. Lo guardo, sì lo guardo ma dentro quegli occhi sacri rivedo gli occhi dei miei nonni che sono certa da lassù conservano per me nel loro cuore ancora un angolino caldo e accogliente.
Lucia Giongrandi

martedì 1 luglio 2014

Lucia Giongrandi

Il terzo pensiero:
3) L'IRONIA (quella volta che ho riso...)
Era una domenica di primavera, fuori un tiepido sole scaldava l'aria e a casa la presenza di mio padre anch'essa scaldava il mio cuore bambino.
"Senti Lucia puoi" mi disse "andare a prendermi per favore le ciabatte perché queste scarpe mi fanno un po' male." "No! Non le prendo" risposi decisa.
"Dai bambina vai a prendere quello che ti ho detto ubbidisci" "No, no, no".
"Se non vai mi fai arrabbiare e partirà una sculacciata." "Non mi interessa" risposi.
Allora vidi mio padre alzarsi dalla sedia e venirmi incontro con il viso un po' scuro che non lasciava presagire nulla di buono proprio mentre entrava nella stanza mia nonna col suo gonnellone ampio e lungo fino ai piedi. "Allora vai?"
Mentre rispondevo l'ennesimo no e pensando che questa volta mio padre che non alzava e mai mi avrebbe alzato le mani, quella volta me le avrebbe suonate, alzai all'improvviso il gonnellone di mia nonna e mi ci ficcai sotto.
"Esci da qui sotto cosa fai, ma guarda che birbante". Io mi guardavo bene dall'uscire da quel nascondiglio sicuro e agguantando le gambe di mia nonna mi appesi alle sue mutande. Quella scena era troppo per mio padre che preso da una grassa e sonora risata uscì dalla stanza per non farsi vedere da me perché il suo viso burbero e scuro era diventato una maschera di Ridolini e insieme alla nonna che ormai si era rassegnata ad avermi tra le gambe si mandavano occhiate di complicità. Dopo un po' sentii la nonna che mi diceva: "Dai esci da qui sotto tuo padre è andato via". Io lentamente alzai la gonna e guardinga facevo capolino tenendo sempre ben stretta la veste sulla testa e la mano sempre aggrappata alle mutande. Via libera. "Ma dov'è papà?"
"Ma sai è dovuto uscire con urgenza" disse la nonna ancora con il sorriso stampato sulle labbra talmente contagioso che quel pomeriggio passò tra risate e il racconto di quello che una bimbetta di 6 anni era riuscita ad escogitare per evitare la giusta punizione. Quando ormai grande mio padre parlava di quell'episodio finivamo per farci ancora a distanza di anni sonore risate.
Lucia Giongrandi