All’IMBRUNIRE SULLA
STRADA DA SAN SALVO A
BUONANOTTE
C’è un momento della sera in cui è
particolarmente gradevole indugiare per le strade periferiche dei paesi.
È quel momento che precede la sera ed è
troppo presto per accendere le luci e troppo tardi per distinguere bene il
circostante.
È un’atmosfera magica, da assaporare con
il fiato sospeso, tanto l’attimo è fuggente.
Nell’aria si avverte qualcosa che fa
vibrare il nostro essere e la nostra sensibilità si fa più attenta.
Sono in vacanza e mi è caro passeggiare a
quell’ora, lungo quella strada che percorrevo ogni giorno, ragazzina,
inseguendo i miei sogni.
Allora quella strada era silenziosa e
quasi deserta, portava in periferia, fiancheggiata da oliveti e da stradine che
si immettevano nei campi a interrompere la linea continua di quell’asfalto
bruno.
Le persone che incontravo erano poche, ma
le conoscevo tutte.
Ora, con meno sogni, ma con il desiderio
di rivivere emotivamente quei momenti, cammino e osservo attenta.
Tutto innanzi al mio sguardo è uguale
negli sfondi che intravedo tra le nuove case ma è diverso nei particolari. È
uno scenario molto più popolato, però io mi sento sola.
Nessuno saluta me e nessuno ho da
salutare io.
Ho provato più giorni a rifare quel
percorso e tutto si ripete sempre uguale.
Suggestionata dall’ora e sicuramente
dalla recente lettura di un romanzo di letteratura fantastica di Bioy Casares,
mi sembra di percorrere una strada popolata da persone che ripetono
periodicamente la stessa strada, con passi e gesti sempre uguali e alla stessa
ora del giorno precedente.
Come nell’ “Invenzione di Morell”, le
persone che vedo affollare il viale, in quel magico silenzio senza più ombre,
scivolano silenziose e sembra obbediscano ad un preciso ordine prestabilito.
In silenzio, senza interruzione, si
avvicendano e ricevo l’impressione di vedere persone che agiscono in uno
scenario irreale e reale allo stesso tempo, appunto come nell’invenzione di
Morell che consisteva nell’essere riuscito a riprodurre un periodo di vita
ripetitivo che si attuava azionato da una complessa macchina messa in movimento
dall’alta marea.
Vi sono immersa ma non ne faccio parte.
Quel mondo fantastico prende consistenza nei miei pensieri. Io desidero far
parte del loro mondo ma contemporaneamente me ne sento esclusa.
C’è una barriera a dividermi da loro: la
barriera del tempo.
Il loro mondo mi appare uguale,
ripetitivo di anno in anno. Gli stessi volti, gli stessi gesti. Ripropone situazioni
ed azioni in cui non è possibile immettersi e dove per caso mi trovo apassare
senza nessuna possibilità di interloquire con loro.
La tentazione di fermarmi e chiedere se
vivo nella loro realtà è forte, tento di fare un gesto per fermare qualcuno, lo
faccio.
Nessuno si accorge della mia presenza.
Proseguo la mia strada affascinata,
guardo quell’imbrunire che tende ormai alla notte ed affretto il passo verso
casa.
Quella casa che appartiene al mio
presente e corro a ritrovare quegli affetti senza i quali mi è difficile
continuare il cammino.
1985
Maria Mastrocola Dulbecco
Non trovo commenti. Invito, chi legge, a metterevanche un solo: letto, a chi lo fa dico Grazie...
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