MALINCONIA
Oggi per me è una giornata no. Mi affaccio alla finestra e vedo un cielo carico di nubi che lasciano presagire l’imminente arrivo della pioggia. Sono solo in casa in questo giorno e mi assale una triste malinconia. Accendo la radio nella speranza di sentire qualche programma che mi aiuti a risollevare il morale che è a terra. Non riesco a spiegarmi il perché di tanta tristezza nell’animo ma tant’è, oggi è così. Ruoto la manopola della sintonia alla ricerca di una stazione radio che trasmetta qualche programma interessante che mi aiuti a risollevarmi il morale ma non trovo nulla di allegro. Finalmente sento le note di una canzone che mi è sempre piaciuta ma che certamente non è adatta al mio umore odierno. Le note della canzone “Com’è triste Venezia” e la voce di Charles Aznavour che si spandono nell’aria non sono certo un toccasana per risollevare lo spirito.
Spengo la radio e incurante del brutto tempo, mi vesto ed esco a fare una passeggiata, sperando di trovare un po’ di sollievo nell’animo. Vago senza meta e imbocco una strada alberata che porta in campagna. Purtroppo è già autunno avanzato, l’aria è fresca e odora di pioggia. Una leggera brezza fa tremare le foglie ingiallite ancora attaccate ai rami ed alcune sembrano che non vogliano lasciare il ramo che le ha fatte crescere e nutrite per tutta la loro breve vita mentre altre sono già rinsecchite sulla strada. Cammino lentamente, a volte mi domando il perché di quella malinconia e non so darmi una risposta.
Mi inoltro sempre più nella campagna brulla, ormai i raccolti sono al sicuro nei fienili o nei granai e in lontananza vedo un contadino su un trattore che ara un campo per prepararlo alla prossima semina. Vedo la terra rivoltarsi sotto l’azione del vomere e dietro il trattore alcuni uccelli volano alla ricerca di insetti che l’aratro, nel suo incedere, porta alla luce.
Anch’io, penso, vorrei avere un aratro che mi apra il cuore alla ricerca del perché di quello stato d’animo. Nel frattempo inizia a cadere una pioggerellina leggera che, pian piano inizia ad inzupparmi gli abiti, contribuendo maggiormente a rendere più nero il mio umore. Faccio ancora un breve tratto di strada poi mi decido a rientrare.
Intanto la pioggia inizia a diventare più insistente ed essendo uscito senza ombrello, ora ne sto pagando le conseguenze. Penso che certamente come minimo mi prenderò un bel raffreddore. Arrivato a casa, consumo un pasto frugale e mi siedo in poltrona cercando distrattamente di leggere un giornale. Poi, come un lampo, mi attraversa nella mente il ricordo: ho un appuntamento a cui non devo assolutamente mancare e ora sono maledettamente in ritardo.
Mi rivesto e velocemente vado all’appuntamento. Come arrivo, mi accoglie la sana allegria dei colleghi già arrivati, il loro esclamare: “eccolo” e il radioso sorriso della docente Maria mi apre il cuore. Varco la soglia del locale che ci ospita e magicamente la malinconia è passata, siamo nuovamente insieme a trascorrere due ore liete nella cacofonia di voci che improvvisamente si interrompono nell’ascoltare quello che i colleghi hanno scritto, poesia o racconto che sia, per riprendere subito dopo nel commentare il lavoro fatto. Grazie Maria che ha inculcato nella nostra mente questa forza che ci fa vincere la ritrosia che all’inizio del corso c’era in noi, a cementare un gruppo coeso e a tutti coloro che frequentano con gioia questo bellissimo anno di studio e lavoro.
Giuseppe Vasco dicembre 2012
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