giovedì 25 dicembre 2014
BUON NATALE
Questa è la copertina del libro di Mara Massaro:
è un bel libro di fiabe, regalatelo ai vostri bambini!
Buon Natale Mara|||
giovedì 18 dicembre 2014
AUGURI DI NATALE
“LABORATORIO DI
SCRITTURA” Unitre Rivoli
NATALE 2014
Carissimi
tutti,
è
doveroso un mio ringraziamento per la festa dei miei
OTTANTA ANNI
Nel ringraziarvi vi chiedo
vicinanza. Fatemi sentire che ci siete e che il frequentare questo corso vi regala
qualcosa.
La pigrizia degli anni si fa
sentire ed ogni vostro contatto è una sferzata di vitalità.
In questi nove anni il nostro
appuntamento quindicinale per me è stata vita!!!
Il vostro entusiasmo mi
contagia e mi aiuta per dar vita a nuove iniziative che spesso nascono e poi il
peso dell’età li fa morire nell’arco di una giornata.
Io ho bisogno di voi per
continuare a fare qualcosa di più, aiutatemi a tenere viva questa voglia di
fare.
Questa è un’autentica
invocazione di vicinanza, non fatemela mancare, ho bisogno del vostro aiuto!!!
AUGURO a tutti un Natale
sereno con le persone che amate di più, ma consentitemelo:
che il vostro amore sia esteso a tutti gli
esseri viventi, animali compresi, e che
REGNI PACE
PER TUTTI
Vi abbraccio tutti
Maria Mastrocola Dulbecco
mercoledì 26 novembre 2014
Un scritto di Stefania
Buonasera! Per me il 24
scorso è stata il primo incontro di scrittura . Ho sentito che tutti
inviano degli scritti. Anche io le mando un testo scritto durante un
soggiorno/seminario sull'autobiografia, alla certosa di Avigliana . Ci era
stato chiesto di ricordare l'infanzia. Si scriveva durante una passeggiata
notturna in un bosco lì vicino. Avevamo tutti una torcia, fogli e
penna. Le ho già inviato ieri queste poche righe ma l'indirizzo era
sbagliato, credo. Riinvio oggi per sicurezza.
Tre mesi ogni anno. Estate. Grande giardino con angoli misteriosi. "Il
bosco"... dietro un muretto. Chiamarsi fra bimbi in giochi di sfide
"tu ci vai lì dentro?" I rami tutto intorno, fra le gambe, sul viso,
nel collo...ragnatele...tutto più scuro...e uscire di corsa a riprendere fiato
nel prato pulito, amico, calmo e caldo di sole.
Mucchi di fieno tagliato ieri. Il desiderio di entrarci ma... ci sono tanti
animaletti che fan paura. Il profumo, il colore tranquillo.
La sera al cinema soli...come i grandi, giù per il viale in bici. Io
piccola, un po' fifona, sulla canna della bici di Andrea; il vento della corsa
porta uno stupendo odore di...poi, ho imparato...di foglie bruciate nei campi.
Chissà perché un odore che mi fa sentire sicura. E il ritorno nel buio, in
salita, ma arrivati al cancello devo scendere perché l'ultimo pezzo di strada è
troppo ripido.
Dal cancello a casa una stradina in salita, asfaltata, con ai fianchi il
prato del fieno e il bosco...e tanti alberi che si muovono e con il movimento
creano ombre sul vialetto. Credo, solo la luna. Non ricordo lampioni. Il rumore
del mio cuore nel correre su, dietro Andrea che sparisce subito. Correre e
girarsi indietro in ogni momento... ma quando arrivo?
Stefania Bonnet
Sono foto per la festa dei miei ottantanni!!!
domenica 23 novembre 2014
sabato 22 novembre 2014
RINGRAZIAMENTI
Sono molto stanca e non riesco a scrivere a lungo sulla festa di ieri. Prima di tutti un grazie a mia figlia che ha organizzato tutto, poi a mia nipote Che mi ha commossa con la sua sorpresa di foto di famiglia. Ad Antonella e Gabriella che hanno partecipato e a tutti i miei amici del corso di 2Laboratorio di scrittura" presenti e partecipi regalandomi sciarpa e cappello con una spillina che mi ha ricordato i miei anni di negozio e questo grazie a Rosy.
Tutti meravigliosi Grazie
venerdì 21 novembre 2014
COMPLEANNO
Non mi aspettavo tanti tanti auguri per i miei ottantanni!!!
Non è finita, oggi al mio laboratorio, non si legge, si fa festa!!!!
Non è finita, oggi al mio laboratorio, non si legge, si fa festa!!!!
sabato 1 novembre 2014
UNITRE RIVOLI (Laboratorio di scrittura)
Tra le sorprese di quest'anno c'è il ritorno di Osvaldo Farsella,
Voglio ricordare cosa hanno detto tutti sullo scrivere e comincio con Osvi:
Rinaldo Ambrosia
La prossima volta scriveremo il pensiero di altri due.
Voglio ricordare cosa hanno detto tutti sullo scrivere e comincio con Osvi:
SULLO SCRIVERE
Scrivere, scrivere, che
passione, mi aiuta a superare il mio senso di inferiortà, mi consente di
scaricare paure e emozioni
posso dar vita a sentimenti
che non verrebbero mai fuori da soli, peccato che in un momento difficile della
mia vita ho buttato
via quasi tutto, racconti,
novelle e un quasi libro, ora mi pento, troppo tardi, allora dopo anni di
inattività ho ricominciato, cerco
una parte di me stesso che
negli anni ho nascosto sotto una maschera, mi sentivo inadeguato.
Ora piano piano ho
ricominciato quasi da capo, tutti i lavori precedenti non contano più, sono
cambiato, nel tempo ho imparato ad
amarmi, ma che fatica. Un
abbraccio Osvi
Osvaldo Farsella
E sempre sullo scrivere, il pensiero di Rinaldo:
Sullo scrivere... frammenti
Volevo dirtelo, cara amica, che le parole sono
passi... che compaiono o scompaiono come fogli sparsi nel vocabolario
dell'anima.
Segni trasposti sulla carta, che prendono vita,
staccandosi dall'inchiostro scuro, librando
leggeri sopra la pagina. Sono sussurri, generati nella notte, brezza che
scuote le foglie degli alberi; soldati immobili sotto la luna, mentre le stelle
fanno l'occhiolino ai sassi sui bordi della strada; mentre la tua ombra si
perde dissolvendosi nel sentiero che porta nella notte.
Parole, ancora segni che mappano il percorso dei
pensieri, che invadono i tuoi trascorsi, che frammentano le tue lacrime... Tutti i tuoi ieri sfumati come nubi che si
infrangono contro gli scogli della mente...
spazzati via nel vortice del presente.
Sogni interrotti tra lenzuola stropicciate, tra
respiri pacati, tra rumori ovattati.
Storie che tardano a venire, pallidi intrecci che si
sfilacciano, che impazziscono lividi come maionese dal sapore agro.
C'è un vuoto, un eterno presente che ti stordisce, in
attesa di eventi che non si manifestano, di trame che sfuggono e si nascondono
frusciando nella tua mente.
Senti il rumore della loro presenza, ti accorgi che
sono lì a pochi passi dai tuoi pensieri, mentre un muro invalicabile te le
allontana, s'infrangono, e la marea spinge a riva i loro frammenti.
Quattro componenti del gruppo!!! il primo non è riconoscibile, segue Rinaldo, Marina e Giancarlo.
venerdì 31 ottobre 2014
UNITRE 2Laboratorio di scrittura NOVEMBRE 2014
Non pensavo di aver trascurato così tanto questo mio blog.
Eppure in ottobre ho ricominciato le mie lezioni al corso di scrittura e tutta la rumorosa gioia che questo avvenimento comporta ha risvegliato il mio bisogno di raccontare.
Anche quest'anno si sono avvicendate personen e sono arrivate quattro nuove bellissime persone:
Stefania
Ivana
Alessia
?
Molto attente ed entusiaste di partecipare ecco cosa ha scritto la prima, sul primo giorno:
Eppure in ottobre ho ricominciato le mie lezioni al corso di scrittura e tutta la rumorosa gioia che questo avvenimento comporta ha risvegliato il mio bisogno di raccontare.
Anche quest'anno si sono avvicendate personen e sono arrivate quattro nuove bellissime persone:
Stefania
Ivana
Alessia
?
Molto attente ed entusiaste di partecipare ecco cosa ha scritto la prima, sul primo giorno:
Primo giorno
Venerdì 10 OTTOBRE 2014
Ogni primo giorno è sempre un’emozione straordinaria.
Nonostante abbia lasciato l’età adolescenziale da un po’, ho vissuto questo
evento come se fosse il mio primo giorno di scuola. La sera precedente ho messo
in bell’ordine i vestiti che avrei indossato, poi ho preparato con cura il
materiale per scrivere, ancora una volta quaderno e biro nera rigorosamente BIC
con scrittura morbida, sempre stata la mia preferita. E’ tempo di andare a
nanna pregustando già nei miei sogni l’incontro gioioso con i miei nuovi
compagni. Si fa mattina e sono trepidante e felice, ma come insegna Einstein il
tempo è relativo, così vedo passare veloci le ore che mi separano da questo
momento. Sì il primo giorno è fatto di un momento che può essere lungo o breve
a seconda se ne siamo soddisfatti o meno; il mio è durato due meravigliose ore.
Finalmente! Eccomi vicina all’aula, già saluto cordialmente, venendo
corrisposta, i miei amici. Siamo un bel numero ed entrando ci diamo da fare per
rendere le postazioni accoglienti. Ma ecco che sento una voce, ma sì non sto
sognando è uno dei tavoli e mi dice: “ Ascoltami Alessia noi qui abbiamo visto
molti primi giorni e molti anni accademici terminare; prendi posto e osserva con attenzione, ma
soprattutto a mano a mano che procederai in questo percorso presta orecchio a
ciò che sentirai e scoprirai un meraviglioso segreto. Non ti dirò di più,
capirai da sola.” Ecco mi chiedo se sia la troppa emozione che mi stimola le
traveggole, ma questa sensazione e dubbio sono durati assai poco. Passa il
tempo e sento declamare poesie, raccontare, allora tutto si fa chiaro aveva
ragione il tavolo, ho capito! Qui non si insegna pedissequamente una lezione né
si impara aridamente; qui si creano grandi emozioni e le si colorano con la
voce suadente di noi tutti. La maestra Maria è il mastice che tiene uniti i
nostri cuori. Ed è così che auguro a tutti voi uno splendido anno accademico
con semplicità ed armonia.
Alessia Marchesini
Franco Sardi mentre declama una delle sue poesie:domenica 12 ottobre 2014
13/10/2014 "Laboratorio di scrittura" Unitre Rivoli
Tu
Scritto
da © Rinaldo Ambrosia - Dom, 01/12/2013 -
16:38
Ci sei tu in quella vita
dal sapore preso a prestito
tra i momenti negati
al lento torpore del risveglio.
Baci rubati alla notte
strappati dalle lenzuola
già avvinghiate ai nostri corpi
a patire la prima luce dell'alba.
Tu in quelle albe
stemperate da pensieri disfatti
dal verbo silente
confuso nell'incanto del mattino
Rinaldo Ambrosia.
Unitre Rivoli !Laboratorio di scrittura"
Profumo di Mare
Profumo di terra, ulivi
a perdita d'occhio e in
lontananza il mare come
un liscio mantello blu.
L'aria che arriva dal mare,
fresca e odorosa reclama
il mio desiderio.
Guardarti, parlarti e ascoltarti.
Il vento lo sussurra al mio orecchio,
com'è vuoto questo silenzio.
Marina
Oddone
Unitre Rivoli "Laboratorio di scrittura"
I TUOI
PASSI
Nella foresta delle mie emozioni,
immersi in un fiume di parole,
sono i tuoi sguardi
a cancellare i rumori dei miei giorni.
Passi confusi nella melodia degli anni
mentre tu sorridi ignara.
immersi in un fiume di parole,
sono i tuoi sguardi
a cancellare i rumori dei miei giorni.
Passi confusi nella melodia degli anni
mentre tu sorridi ignara.
Rinaldo Ambrosia
mercoledì 24 settembre 2014
AUTUNNO
AUTUNNO
Gocce di rugiada
in bilico sui rami spogli,
cristallo luminescente,
pericolosamente fragile
sul legno nodoso.
Così sono i nostri giorni,
momenti apparentemente
immobili
di questa nostra vita,
tragicamente effimera.
Mai pronti per il volo,
lasceremo il ramo
in caduta libera
verso l’ignoto.
Silvy Anelli
lunedì 22 settembre 2014
NONNA CATERINA
Nonna
Caterina
Io
so di aver avuto una nonna speciale.
Era nata il 21/7/1886 quindi all'alba del novecento aveva già 14 anni e mi
affascinava sentir raccontare come si svolgeva la sua vita in quel particolare
momento. Mi raccontava della sua zia
"monaca" che provvedeva alla sua educazione, ai vestiti che faceva
arrivare da Napoli (si era ancora alla dominazione borbonica) alle abitudini
del tempo e tante altre storie molto interessanti.
Del
suo fidanzamento con nonno Cesare.
. A quanto ricordo nonna Caterina mi ha
raccontava che il loro matrimonio avvenne per uno sparo. Precisamente, come
usava a quei tempi, la richiesta era stata fatta ai genitori e ai fratelli che
non vedevano di buon occhio che dovesse trasferirsi in un altro paese e così
l'innamorato respinto escogitò un sistema per non farsi dire: no.
Nonna Caterina sostava spesso , forse a ricamare, vicino alla finestra
che dava verso il Sinello, sicuramente si affacciava ad essa per ammirare il
panorama e a fantasticare. Una sera mentre all'imbrunire era in questa
piacevole posizione, il giovane Cesare passò sotto quella finestra e con il suo
fucile da cacciatore sparò verso o a fianco di quella finestra così da
compromettere la fanciulla come a segnare un possesso: questa ragazza deve
essere mia. Tutto il paese , in breve, fu al corrente della cosa e quindi
compromessa. Inevitabile da parte della famiglia accettare il fidanzamento in
casa e permettere che questa adorata sorella cambiasse paese.
Cominciarono
i preparativi e naturalmente fecero la conoscenza con la famiglia di lui.
Avvenne così che i matrimoni diventarono due poiché Nicola uno dei fratelli di
nonna si innamorò di Domenica , sorella di Cesare, e così si fidanzarono
anche loro.
Mi incantavo ad ascoltare le sue storie.
Peccato non disporre, allora, di un registratore che non esisteva ed ora i mier ricordi sono
frammentari. Mi dispiace molto non ricordare tutto.
mercoledì 10 settembre 2014
Il circo
IL CIRCO
Non è mai salita
così in alto,
la pertica ondeggia,
la ragazza vacilla,
ma poi esegue il suo
esercizio sicura,
e scrosciano gli applausi.
La musica ritorna,
sfilano i cavalli bardato
e colorati,
l'amazzone gira in tondo
sulla pista
ad ogni giro un inchino,
sale ora sul cavallo e tenendosi ben ferma,
fa roteare le braccia!
Questo è il circo...
attimi di attesa spasmodica,
quindi gli atleti riprendono
i loro volteggi a volte paurosi,
e lanciano la sfida..
E' sfida di vita,
è sfida d'amore.
Adriana Mondo.
sabato 30 agosto 2014
Nonna Caterina
NONNA CATERINA
Non
ti ho mai dimenticata.
Eravamo
sedute su quel balcone nelle lunghe sere d’estate io e te, nonna.
Tu
pregavi. Io sognavo.
Tu
pregavi. Io guardavo le stelle.
Quelle
stelle, complice il buio, erano nitide e lucenti.
Qualche volta smettevi di pregare e parlavi con me. Mi
raccontavi episodi della tua vita quando mi sentivi predisposta ad ascoltarti.
Ricordavi cosa avevano raccontato a te da bambina e osservando la luna piena,
una sera mi hai fatto notare come in quel disco luminoso si vedesse nitidamente
la figura di un uomo che cercava di oscurarla. Mi dicevi “Vedi? È Bertoldo. Con
un fascio di sterponi cercava di oscurare la luna e nel tentativo di coprirla,
perché gli altri non lo vedessero mentre rubava i covoni di grano, vi rimase
attaccato e fu condannato a restarci per l’eternità”.
Io
vedevo chiaramente la figura da te indicata e pensavo a quel povero Bertoldo
che sicuramente non si trovava a proprio agio in quella scomoda posizione.
Sono poi andati sulla luna, nonna, quando tu non eri
più con noi. Quelle ombre non erano di Bertoldo, ma delle montagne ed io non ho
potuto dirtelo. Non volevo crederci, ma dimostrarono che era così. In verità lo
sapevamo anche prima, ma io preferivo credere a te.
Hanno
cominciato così a distruggere i miei sogni.
Tu
pregavi. Io fantasticavo.
No,
non ricordo amore.
Già
da piccola avvertivo che in quel paese non c’era calore, sapevo che sarei
dovuta andare via.
Le
strade erano di fango e le case non avevano acqua corrente.
Il banditore, a pagamento, annunciava dove andare a
comprare i piselli freschi e se in piazza era arrivato il pesce o la frutta di
stagione a buon prezzo. Si faceva precedere da due squilli e poi con quanto
fiato aveva in gola reclamizzava la merce e il luogo.
I carretti tirati da asini e cavalli, partivano al
mattino presto per i campi e tornavano alla sera in fila superando la salita
della “curva” oppure quella più ripida della “fonte”.
Fatti importanti ne accadevano pochi, qualche nascita,
un matrimonio, le due feste patronali del paese quando arrivavano persino i
gelati.
Non dimentico due fatti importanti. Due omicidi a
distanza di qualche anno uno dall’altro. La mia piccola mente non poteva
concepire come un fratello potesse togliere la vita ad un altro. Non lo capivo.
Non c’era amore.
Eppure
le persone si sposavano e i bambini nascevano come in ogni altro posto.
Non c’era calore in quel paese, non c’era tenerezza,
le carezze erano gesti ai quali gli abitanti non erano avvezzi. Gesti di cui ci
si vergognava.
Il
fango, il fango abbondava nell’inverno.
L’acqua sporca si buttava dalla finestra, un po’
sparsa perché si asciugasse in fretta. Quando era più abbondante la si portava
con una tinozza fino al lato della strada dove veniva rovesciata in una cunetta
scavata alla meglio, nella quale scorreva un rigagnolo che provvedeva a
convogliare queste acque tutte nella medesima direzione, la “Forma”, un canale
artificiale che si trovava a destra del paese.
Non
c’era grande povertà e neppure grande ricchezza.
Il fango, tanto fango specialmente se pioveva e poi
tantissimo quando subito dopo la guerra si fecero gli scavi per le fognature e
per portare l’acqua nelle case.
In quel periodo era possibile camminare per le strade,
solamente grazie alla buona volontà di molti che, spinti dalla necessità,
avevano provveduto a posare uno dopo l’altro, dei grossi sassi lungo i percorsi
abituali.
Non c’era amore. Poi arrivarono le suore, delle
piccole umili suore che si adattarono ai nostri usi e ci insegnarono che c’era
l’amore di Gesù.
Accolsi nel mio cuore questo sentimento grande, ma
anche questo lo tenni celato come ogni altro sentimento senza mai tradire emozioni
che sarebbero sembrate strane.
Contegno,
freddezza, rudezza.
Questo è il paese dove sono cresciuta e dove ritorno
saltuariamente trovandolo sempre diverso ricordando che: io ero qui quando
questa terra era ostile e regalava solo poesia, troppo poco per vivere e troppo
per una pace senza risorse.
Ora tutto è in fermento, tutto in costruzione. I volti
noti non ci sono più o ne vedi pochi, gli altri, i nuovi arrivati, sono tanti e
li vedi padroni di quei tuoi sogni defraudati a te dalla vita che lenta,
inesorabile, ti fa guardare avanti ma non ti permette di dimenticare.
Amavo
il mare, il suo fragore lontano nelle giornate di burrasca.
Alla sera uscivo sull’uscio di casa e nel buio della
notte mi lasciavo rapire da quel rumoreggiare lontano e affascinante che
proveniva da quell’enorme massa d’acqua in movimento.
Allora abitavo un campagna di fronte al mare dopo aver vissuto tra le "ruelle" di Corso Garibaldi-
L’Adriatico doveva agitarsi moltissimo se a tre
chilometri di distanza ne percepivo un suono così distinto.
In quelle notti il cielo era limpido e il mare si
sostituiva alle stelle per regalarmi sensazioni stupende.
La
battaglia della vita è ora come quel mare in burrasca.
Il
mio mare è lontano, il suo rumore non giunge fino al mio udito.
Quella casa in mezzo agli ulivi non esiste più, le
nuove costruzioni l’hanno soffocata; i dintorni hanno subito una trasformazione
tale da rendere irriconoscibili quei luoghi ormai vivi solo nella memoria di chi li ha vissuti.
Era
un casa dove si era sempre in attesa di qualcuno che doveva arrivare.
Prima la nonna che aspettava suo figlio che viveva al
nord, poi mia madre che aspettava noi e di questo aspettare c’era tutta la
speranza e il desiderio del ritrovarsi che aiutava a vivere.
Vivere.
La vita cos’è.
La
bontà cos’è.
La
cattiveria cos’è. Cos’è la lontananza.
Spesso mi sono sentita come un’emigrante in patria. Si
è sempre emigranti quando si va via, giovanissimi, da dove abbiamo imparato a
conoscere, al mattino, da quale parte sorge il sole, e alla sera, dove
tramonta. Si diventa senza più riferimenti.
Lontana
da quei luoghi, non ho più saputo discernere l’alba e il tramonto, schiacciata
tra il cemento e gli affanni.
Quando ho preso il treno, alle quattro del pomeriggio,
in quella piccola stazione sulla direttrice Lecce-Milano, lasciavo alle spalle
un paese che viveva arroccato sulla prima altura situata a pochi chilometri dal
mare. Anche la breve distanza dalla stazione ferroviaria rappresentava un
percorso difficile da superare poiché, anche se non sto parlando del medioevo,
i mezzi di comunicazione e trasporto con i centri più vicini erano inesistenti.
Si
viveva nel silenzio o meglio nel silenzio dei rumori familiari, quelli del
fabbro, del falegname, anche quello della macchina da cucire di mia madre,
delle campane e dei passi che risuonavano nelle strade.
Nei pomeriggi estivi, il paese dormicchiava e la calura
conciliava le pennichelle dei suoi abitanti.
Eugenio
suonava il “Vent’unora”, non ne conosco il significato ma allora era il tardo
pomeriggio. In tempo di mietitura gli addetti a falciare il grano si fermavano
per una merenda.
Poi Eugenio, che era il sacrestano suonava il
“Vespro”, l’ “Ave Maria” e terminava la sua fatica chiudendo la porta della
chiesa e avviandosi verso casa con un’andatura leggermente curva su un lato e
un fare lento e pensieroso.
Suonava
l’“alba”, la “missitella”, il “mezzogiorno”.
Le
campane scandivano la vita di tutti gli abitanti.
Alla
domenica poi, in occasione della “messa cantata” suonavano a distesa.
Mentre queste scampanellavano, le donne in casa erano
affaccendate ai fornelli e dalle finestre uscivano profumi di carne sul fuoco,
pranzi riservati solo alla domenica poiché durante la settimana, sui deschi
imperava solo la pasta asciutta impastata in casa, condita con semplice
pomodoro e magari con una spruzzatina di pecorino.
La monotonia del suono delle campane che scandivano il
tempo nell’arco della giornata, veniva rotta solamente dal diverso scampanio
che annunciava una morte o l’arrivo di nubi minacciose che promettevano vento e
grandine magari proprio in prossimità del raccolto del grano coltivato a grande
maggioranza.
Il suono che annunciava a tutti la dipartita di uno
degli abitanti era greve e lento. Rintocchi tristi che venivano ripetuti più
volte a distanza ravvicinata e il numero delle volte era determinato
dall’importanza del personaggio.
A
quel suono le donne si affacciavano sull’uscio ad interrogarsi.
La vecchia Zia Maria chiedeva a Carmela: “Chi è
morto?” “Non so” facevo eco zia Serafina affacciandosi alla finestra.
La nonna si spingeva più in là e arrivava sino in cima
alla “ruella” che sbucava sul corso principale. Al primo passante chiedeva e
dopo parecchi “non so” che duravano al massimo un quarto d’ora, di rimbalzo
arrivava il nome.
Allora, la donna di casa si pettinava i capelli
raccolti a crocchia sulla sommità del capo, si metteva un fazzoletto in testa
legato sotto il mento, possibilmente nero, e correva a portare il primo saluto
della famiglia, ai parenti del morto i quali erano già pronti per ricevere
quelle visite seduti attorno al defunto adagiato sul letto allestito per
l’occasione con la massima cura.
Alla
sera andavano gli uomini, mentre le donne si organizzavano per la veglia
notturna.
Prima della guerra non esistevano “thermos”, ma poi
arrivarono anche quelli e così il caffè veniva portato caldo per tutti poiché
in quella casa, mentre c’era il morto presente non si sarebbe acceso fuoco
alcuno per cibi e bevande calde.
Ogni familiare era rigorosamente seduto al posto che
gli competeva a fianco del letto, secondo il suo grado di parentela.
La stanza funebre veniva liberata da tutti i mobili
trasportabili e al loro posto venivano allineate sedie in gran quantità così
che i visitatori trovassero posto a sedere in circolo attorno al letto funebre.
Per quasi due giorni, tutto il paese sfilava e si
soffermava in questa stanza come a voler tenere compagnia al morto, per
l’ultima volta.
Il motivo non era solo quello; ci si ritrovava un po’
tutti ed era l’occasione per conversare, anche se sommessamente.
Qualcuno si fermava più del necessario per raccogliere
maggiori informazioni sugli ultimi avvenimenti degli altri o aspettando magari
qualche persona che non vedeva da tempo. A bassa voce si scambiavano notizie
sulle loro famiglie e sui fatti
del paese e non
di rado, si gettavano le basi per combinare matrimoni tra giovani che neppure
si conoscevano, lasciando alla discrezionalità dei genitori valutare la
convenienza sociale ed economica di favorire un simile approccio.
I componenti della famiglia del malcapitato, a turno,
piangevano il morto a voce alta e con una specie di cantilena rievocavano la
vita di costui esaltandone le qualità.
Nel caso il defunto in questione, in vita, fosse stato
un po’ carognetta verso alcuni familiari, costoro coglievano l’occasione per
intercalare le cantilene con frecciatine, più che dirette al morto, dirette
alle persone in vita che avrebbero beneficiato dei torti da loro subiti e non
raramente i chiamati in causa rispondevano con lo stesso indiretto sistema.
In questi casi l’eco si estendeva fuori dalla stanza,
fuori dalla casa, così che i curiosi visitatori diventavano più numerosi per
non perdersi le varie battute.
L’avvenimento di una morte si trasformava così in
un’occasione per comunicare e conoscere le storie di attualità del paese. Era
la televisione o il settimanale scandalistico dell’epoca, un bollettino che
veniva ascoltato e riferito a chi non era presente.
Era cronaca rosa, cronaca gialla, argomenti sussurrati
con autentico mistero, cronaca nera. Tutto il paese passava sotto i racconti
delle croniste del tempo poiché le più informate erano sempre le donne.
La signora “bene” che non usciva mai da casa, mandava
la serva a raccogliere informazioni e questa si documentava scrupolosamente per
riferire ogni particolare che riteneva potesse interessare la sua “padrona”.
E queste erano poi le notizie sulle quali si sarebbero
accentrati tutti i discorsi fino a nuovi avvenimenti.
Eugenio
espletava tutte le incombenze relative ai funerali.
Suonava le campane a morto, preparava il catafalco, le
sedie in chiesa e non dimenticava niente. Tutto veniva allestito secondo i
desideri dei familiare e in proporzione alla retribuzione concordata.
Lui, Eugenio, suonava anche l’organo in verità un po’
sfiatato a causa del mantice ridotto in cattive condizioni e cantava i salmi
con un biascicato latino che non era necessario fosse comprensibile; l’unico
latino ‘conosciuto’ era infatti quello delle preghiere recitate dagli anziani
del paese ascoltando le quali si poteva intendere quanto poco se ne masticasse.
Naturalmente
c’era anche il parroco, ma Don Oreste poco si occupava di tali faccende.
Viveva ritirato nella sua casa dedicandosi al proprio
arricchimento intellettuale che poteva coltivare anche grazie al fatto che egli
possedeva una delle poche radio esistenti in paese che tra l’altro (si diceva
che ascoltasse “Radio Londra”) gli permetteva di essere sempre aggiornato sugli
ultimi bollettini di guerra.
L’ultimo atto della vita vissuta in quel paese era
quello di essere accompagnato dal parroco e da tutti gli abitanti lungo il
viale alberato che conduceva al cimitero.
Dal
1944 in
poi nei discorso di tutti, gli avvenimenti venivano indicati come accaduti:
-
prima della
guerra
-
dopo la guerra.
Maria Mastrocola Dulbecco
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mercoledì 27 agosto 2014
CLAUDIA CHIAVARINO
Il mio primo giorno di scuola
all’Unitre
Incomincio
con il raccontare il mio arrivo in classe.
Ero
un po’ in ritardo, ed ho esordito dicendo, scusate e mi ripeto, per il ritardo.
C’è
stata una risposta unanime molto spiritosa, io di rimando ho fatto altrettanto
e così si è rotto il cosiddetto ghiaccio. Ho notato molto affiatamento fra gli
allievi e questo mi ha fatta sentire subito a mio agio, incominciando
soprattutto dalla docente.
Il
pomeriggio si è svolto fra letture di racconti e poesie. A quel punto mi son
detta chissà se avrò anch’io la vena poetica, forse tastandomi il polso per
trovare la vena del cuore.
Ho incominciato a fantasticare a pensare ad una sera stellata a guardare
il cielo e vedere quella miriade di puntini luminosi e dire come fanno a stare
tutti lassù senza un filo che li trattenga, che meraviglia questo spettacolare
ed infinito universo ed ho voluto immaginare che mio marito sia finito su uno
di questi corpi celesti e sia felice.
Scusate
questa nota un po’ triste. Sono convinta che alla regia di tutto ciò, ci sia
una mano “Divina”.
Spero
con il tempo di scrivere meglio, perché a dire la verità mi trovo meglio nel
dialogare e per sfruttare una frase detta da un certo Papa... “se sbaglio mi
corigirete” non che io mi paragoni a Lui sarebbe veramente sacrilego. Ho voluto
mettere un qualche cosa di spiritoso, credo adatto per il contesto in cui mi
sono trovata. La vita per quante avversità possa avere, vale sempre la pena di
essere vissuta. Vorrei che questo mondo martoriato dalle guerre trovasse un po’
di pace e che tutti avessero il necessario per vivere e potessero pensare ad un
futuro migliore, dove finalmente il male viene sconfitto e si ritornasse ad una
dimensione umana, ripristinando tanti valori che purtroppo si sono persi,
incominciando dalla famiglia.
Per
finire, oggi mentre scrivo c’è il sole, dico questo perché sono un po’
metereopatica, quindi mi sento positiva. La pioggia mi rende malinconica, ma c’è
un momento che mi rilassa vale a dire quando sono nel letto sotto le coperte al
caldo ed il ticchettio delle gocce che cadono mi sembrano una dolce musica.
Chiavarino Claudia Emilia
martedì 26 agosto 2014
Maria
Perché
non sono un delfino ?
Gli
anni, i mesi, i giorni trascorrono veloci.
Dalla
mia finestra guardo le cime già imbiancate, preludio dell’ineluttabile
incombere dell’inverno…..
Odio
l’inverno e le sue giornate rese più corte e buie dall’ anticipato tramonto del
sole. Quel sole che io adoro, che rallegra le mie giornate, risvegliando la mia
voglia di vivere, tonificando il corpo e la mente ringiovanendomi e dimentica
per un breve periodo delle sofferenze passate.
Ogni
anno, il mese di novembre mi rende più cupa; il giungere dei mesi seguenti mi
intristisce trasformando il mio essere più debole e fragile, così che chiunque
potrebbe ferirmi anche con una parola. Ma credo di riuscire a celare bene
questo mio stato a chi mi circonda, tranne alla mia adorata figlia.
E
sogno l’ estate …. Coi suoi colori sgargianti, le aiuole fiorite, i prati verdi
cui d’inverno non tollero il loro triste inaridirsi.
E
il mare… quel mare che mi piace anche d’inverno… quando è in burrasca con le
sue alte ondate che s’infrangono rumorosamente sugli scogli; e d’estate per
immergermi nelle sue acque cristalline, lasciandomi cullare lentamente
desiderando che quell’ idillio non finisca mai.
A
volte penso ai fondali marini che purtroppo non posso perlustrare in quanto non
ho fatto corsi da sub e ora è troppo tardi.
Quanto
mi piacerebbe essere un delfino… solcare le onde facendo capriole e andare su e
giù saltando in uno scintillio di colori argentei..…..
Perché
sono nata umana !?
Alba Piccione Ferrero
giovedì 21 agosto 2014
Aurora D'Ibisco
AURORA
D’IBISCO
Vien voglia di star sotto il tuo ombrello,
delicato, ma ahimè effimero.
Chissà il giorno, che è la tua vita,
dura eterno, ed è bandita la speranza.
Se è così è certezza dell'amore,
è palpito di vera vita rifulsa di gioia
e l'ombra invece è luce.
Un'aurora basta al tuo nascere
Gaetano
Vien voglia di star sotto il tuo ombrello,
delicato, ma ahimè effimero.
Chissà il giorno, che è la tua vita,
dura eterno, ed è bandita la speranza.
Se è così è certezza dell'amore,
è palpito di vera vita rifulsa di gioia
e l'ombra invece è luce.
Un'aurora basta al tuo nascere
Gaetano
sabato 16 agosto 2014
NUOVA TECNOLOGIA
Con il passare degli anni mi rammaricavo di essere
nata troppo presto e quindi non poter accedere alle nuove tecnologie in modo
specifico ai computer.
Ad un certo punto mi è stato regalato un computer ed
ho provato la soddisfazione di poter scrivere senza dovermi servire della
macchina da scrivere(la mia amata e sempre conservata Olivetti 62.)
Il piacere delle cancellature automatiche. Conservare quello che scrivevo senza
adoperare i fogli ( Ho però adoperato molto la stampante perchè all’inizio non
potevo rinunciare ai fogli scritti). Etutto mi apparve bellissimo.
Cominciai a pensare a internet ma questo mi sembrò
irraggiungibile , non alla mia portata. Ne sentivo magnificare le funzioni, le
ricerche che si potevano fare : Un pensierino lo facevo ma non mi ritenevo
capace di adoperarlo fino a che …con il regalo di un nuovo computer più
aggiornato mi istallarono anche INTERNET. Non conosco ancora adesso i
termini esatti delle sue funzioni ma mi arrangio: Quello che mi serve lo trovo.
Comincio così a vedere o meglio a sentire
parlare di SITI di BLOG: Non ne capisco niente ma provo: Sempre con molta
cautela nel timore di mandare in tilt il mio prezioso computer: Prova e riprova
, non so come ora mi ritrovo tre BLOG uno per pubblicare tutto quello che
scriviamo nel mio corso “laboratorio di scrittura” e altri due per scrivere
tutto quello che mi passa per la mente:
Ho gia persino diversi amici e le loro
foto appaiono nel mio profilo . Qualcuno mi ha anche inviato un
messaggio e sono anche riuscita a rispondere: Certamente ho fatto dei casini
perchè all’inizio non riuscivo a trovare dove dovevo scrivere e la prima volta
che ho trovato scritto il mio nome e l’invito a scriver un messaggio, ho
pensato che era quello il posto dove dovevo scrivere e così ho cominciato a
farlo fino a quando il signore, padrone di quel blog, mi ha comunicato che
stavo sporcando il suo salotto . Gli chiedo scusa ma io stavo solo provando e
vorrei che quelli così bravi non si arrabbiassero con quelli che come me, ci
stanno provando.
Quello che provo ogni volta che non riesco a capire
cosa devo fare, è indescrivibile. I contatti che ricevo ai quali non so
rispondere. E’ un casino ma è divertente provarci. Vi sono anche persone
gentili che provano a farmi capire ma non so fino a che punto riesco a
recepire. Non conosco i termini appropriati per indicare le cose:
Volevo un disegno particolare per uno dei miei blog e mi sembrava di esseci
riuscita ma poi mi sono vista apparire nuovamente la penna che era nel primo e
che forse attribuiscono a tutti quelli come me che sono
imbranati. In ogni caso ringrazio questi invisibili folletti che ci
aiutano :
Appena capirò di più annoterò la cosa. Per ora ho
bisogno di aiuto e comprensione: Non so niente…mi piacciono i blog dtei miei
amici ma non so comre fanno a renderli coì belli e interessanti, io a mala pena
so scriverci e copiare gli scritti del mio laboratorio. Saluto tutti quelli che
hanno la pazienza di leggermi e…spiegarmi qualcosa in particolare 1sorriso….
Pubblicato
il 6 febbraio 2009 da maria34
Oggi mi sono trovata con tutti i signori e signore che
intervengono al mio ” Laboratorio di scrittura “.
Le due ore sono passate in un baleno, conversando
piacevolmente di : poesia , ricordi e tutti hanno letto qualcosa scritto per
l’occasione . Ogni racconto è stato piacevolmente commentato suscitando
emozioni che altrimenti non avremmo provato: Sono tutte persone speciali
e sono veramente soddisfatta di aver dato vita a questi incontri.
Devo pur cominciare a raccontare qualcosa su questo blog…fino a che non
supero la diffidenza non sarò sciolta come quando scrivo sulla carta. Devo
convincermi di avere un quaderno dove scrivo solo per me stessa…
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